Oggi vi
parlo di un romanzo che potrebbe tranquillamente essere catalogato fra quelli
“autobiografici”.
Marco
Marsullo ci porta a casa sua, all’interno di una famiglia che si è “rotta”.
Il
protagonista, diciottenne, è figlio di genitori entrambi medici, separati, che,
in quanto tali, desidererebbero, per il figlio, un percorso accademico ed un
futuro di tutto rispetto.
Il figlio,
per non deludere le loro aspettative, imboccherà la strada dell’università,
facoltà di Giurisprudenza, impegnandosi al massimo (per quanto riguarda
l’esito… lascio a voi la lettura del libro!).
I genitori
però, sembrano non avere fiducia nei confronti del figlio, non lo supportano e
non lo valorizzano, anzi, forse fanno esattamente il contrario.
Troviamo
una madre sofferente, che non ha ancora superato il dolore della separazione
dal marito a causa di “un’altra”. Una donna infelice, sempre alla ricerca di
nuove relazioni con uomini sbagliati. Una donna che paragona continuamente i
figli dei colleghi di lavoro al suo, costringendolo a sentirsi sempre meno
degli altri, mai abbastanza. Una madre che parla con il figlio tramite una chat
di Whatsapp, evitando, se possibile, una chiacchierata vis a vis.
Troviamo
poi un padre, completamente assorbito dalla sua passione per i cani e la
caccia. Un padre che cerca continuamente l’approvazione del figlio, la sua
ammirazione. Un padre che non riesce a parlare con il figlio, quasi gli
mancasse il coraggio.
“Non per forza le cose dolorose nascondono conseguenze negative.”
Il
protagonista, adolescente di gran cuore, prova molta tenerezza per quel padre
così solo, così silenzioso, così assente; quel padre che non gli manca e che
non sente la necessità di avere vicino.
Allo
stesso tempo il suo più grande desiderio è quello di vedere di nuovo felice la
madre, ma felice davvero, lontana dalla spasmodica ricerca di un ipotetico
Nirvana tramite sedute di yoga e meditazione che contribuiscono solo a
svuotarle il portafoglio.
Ammetto
che la lettura di questo libro è stata a tratti dolorosa. Da figlia di genitori
separati più volte nel corso del romanzo mi sono immedesimata nel protagonista.
Ho sentito
sulla mia pelle le stesse sensazioni: la frustrazione, la solitudine,
l’incomprensione.
Ho provato
molta tenerezza per questo giovane, solo alla scoperta del mondo; diviso fra
una madre ancora troppo ragazzina ed un padre annegato dalle sue passioni.
Un romanzo
che parla di dolore, di abbandono, di quanto sia difficile a volte parlare con
i propri genitori, di quante volte siamo costretti a scontrarci, gli uni con
gli altri.
Un libro
che andrebbe letto due volte: una, seguendo il punto di vista del protagonista,
quindi “da figli”, ed una mettendosi nei panni dei genitori.
Perché...
“Alla fine la felicità sta tutta nell’uscire vivo dalle cose che non ti ammazzano”
Nessun commento:
Posta un commento