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RECENSIONE "L'ARTE DI SBAGLIARE ALLA GRANDE" DI ENRICO GALIANO

giovedì 31 dicembre 2020


In quest’ultimo giorno dell’anno vorrei aprirvi il mio cuore e raccontarvi di quanti sbagli ho fatto nella mia vita. Tanti, tantissimi. Alcuni molto sciocchi, altri un po' più importanti. Di alcuni me ne vergogno terribilmente, di altri un po' meno.

Ma ognuno di quegli errori mi ha permesso di essere qui, ora, ed essere quella che sono.

 

“Una volta Freud ha detto che non facciamo poi tanti errori nella nostra vita: facciamo sempre gli stessi, solo ripetuti infinite volte.”

 

Due chiacchiere io le vorrei scambiare con il caro vecchio Sigmund, perché a me sembra di averne fatti tanti, anche se ammetto di avere deliberatamente ripetuto alcuni di essi, esattamente come sostiene lui, immaginando che dopo la brutta copia ne venisse subito fuori una bella…

 

“L’arte di sbagliare alla grande” di Enrico Galiano è una lettera che ci viene regalata e del quale è fondamentale farne tesoro. Enrico ha deciso di raccontare il proprio trascorso, la propria storia personale, i propri errori, anche e soprattutto quelli che avrebbero potuto far storcere il naso ai genitori, soprattutto se consideriamo che a raccontarsi è un professore, colui che di mestiere si prende cura dei nostri figli. Io l’ho trovato un gesto molto coraggioso, dal profondo insegnamento: siamo tutti fallibili e nessuno è perfetto.

 

Sbagliare è un procedimento naturale. È sicuramente doloroso, a volte di certi errori sembra impossibile trovare la quadra, ma è l’unica strada per conoscere noi stessi, nel profondo, per capire cosa vogliamo e cosa no.

 

Quello che capirete, alla fine di questo libro, è che non bisogna avere mai paura di sbagliare, di mostrarsi per quello che si è.

 

“Non preoccupatevi se fate un sacco di errori. Preoccupatevi se vi sembra di non farne mai.”

 

Una lettura che ho deciso di mostrarvi solo ora, in questo ultimo post di questo strano 2020.

Perché, qualsiasi cosa succederà in questo 2021 che sta per cominciare, so già che sbaglierò… ma lo farò alla grande.

RECENSIONE "IL CINESE" DI HENNING MANKELL

lunedì 21 dicembre 2020

 

Un lupo.

Tanta neve.

Troppo sangue.

 

Il libro inizia esattamente così, e già da questi (pochi!) elementi vi anticipo che si tratta di un thriller mozzafiato.

Non conoscevo Mankell, questo è il primo libro che leggo dell’autore e ammetto che è riuscito perfettamente nell’impresa di costruire una trama dall’intreccio perfetto. Adrenalina, paura, in questo libro c’è tutto.


Una lettura che trasporta il lettore fra l’America, la Cina e la Svezia, dall’800 ai giorni nostri.

L’evento scatenante è il ritrovamento dei corpi di 19 persone, trucidate all’interno delle loro case, nel paesino di Hesjovallen, in Svezia. Una strage che non può essere altro che il gesto di un folle. Forse.

Sul caso viene chiamata ad indagare Vivi Sundberg, poliziotta capace e totalmente concentrata sullo scoprire l’identità dell’assassino.

Alle indagini si aggiungerà, in veste non ufficiale, Birgitta Roslin, giudice di fama, che, visto il legame affettivo che la lega ad alcune delle vittime, deciderà di indagare seguendo una pista tutta sua.


Quello che succederà da qui in poi sarà qualcosa di straordinario.

Un crescendo di sensazioni ed emozioni, un mix perfetto fra romanzo storico e politico. Si incontreranno molti personaggi che non sarà difficile ricordare per l’ottima costruzione e caratterizzazione.

600 pagine che possono disturbare e spaventare ma che in realtà si leggono molto velocemente grazie ad una scrittura scorrevole e generatrice di suspence.

La cosa più difficile di questa lettura è stata proprio appoggiare il libro sul comodino. La voglia di girare pagina è sempre più forte, capitolo dopo capitolo.

Seppure un po' datato, consiglio la lettura di questo titolo a tutti gli appassionati del genere.

RECENSIONE "A DOMANI" DI MAURA R. - CALENDARIO DELL'AVVENTO QUEEN EDIZIONI

sabato 19 dicembre 2020


Buongiorno lettori, oggi apro la casella numero 19 del calendario dell’avvento, in collaborazione con Queen Edizioni. Vi parlo del libro “A domani” di Maura R.

 

Trama

 

L'avvocato Andrea Furlan non ha tempo da perdere in relazioni sentimentali e quando incontra il suo nuovo cliente, capisce da subito che Leonardo Cacciari potrebbe rappresentare un pericolo. L'arrogante imprenditore è determinato a conquistare la donna dal cuore di ghiaccio e non è intenzionato a fermarsi finché non sarà sua. Fermamente convinta che il rapporto dovesse rimanere strettamente professionale non aveva però calcolato l'intemperanza di Leonardo. Andrea dovrà scegliere se cedere a quell'uomo oppure allontanarlo per sempre.

 

Avete mai avuto una seconda possibilità?

La nostra protagonista, Andrea, sì.

Quarant’anni, avvocatessa di successo, divorziata, con un figlio, Sam, che cresce pressoché da sola. La vita di Andrea è satura di impegni, che vive come un modo per estraniarsi dalla normale routine, e per non doversi mai “fermare” a riflettere.

Proprio nel suo ufficio, dove lavora con il suo socio ed amico Gianmaria, incontrerà Leonardo, alla ricerca di un difensore. Sarà per Andrea uno sconvolgimento totale. In primis perché per scelta Andrea ha sempre assunto la difesa di donne, per portare avanti la lotta ai diritti ed alla parità dei sessi. E poi perché non si aspettava di certo lo scombussolamento emotivo che Leonardo ha portato con sé.

Andrea riuscirà a lasciarsi andare e a dimenticare, per un momento, il passato?

 

La lettura è stata scorrevole e mi ha permesso di immergermi totalmente nella storia, trovando svariate affinità con la protagonista. I capitoli sono a punti di vista alternati dei protagonisti, fattore per me positivo in questa tipologia di romanzi.

Il messaggio di fondo, ed importante, è la capacità di non arrendersi.

Non c’è dolore che impedisca di tornare a vivere, e sorridere.

Una lettura senz’altro consigliata.

 

RECENSIONE "FAVOLE DA INCUBO" DI ROBERTA BRUZZONE E EMANUELA VALENTE

martedì 15 dicembre 2020


STEREOTIPO: In psicologia, qualsiasi opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non acquisita sulla base di un'esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali.

 

E di stereotipi, sessisti, si parla nell’ultimo libro di Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente, edito DeAgostini, dal titolo “Favole da incubo”. Con una semplicità disarmante che colpisce esattamente dove deve, vengono raccontate dieci storie di femminicidi e violenze fra le quali spiccano i casi di Elena Ceste, Roberta Ragusa e Valentina Pitzalis, unica sopravvissuta ad una violenza ripetuta e continuativa da parte dell’ex marito, oggi per noi simbolo di questa lotta che è doveroso portare avanti per sottolineare l’importanza della rinascita e della figura femminile.

 

Una figura femminile che, già a partire dalle fiabe che raccontiamo ai nostri figli (un esempio tout court può essere quello delle care Biancaneve e Cenerentola) viene descritta come sottomessa, e se possibile anche vessata, al contrario degli uomini, dipinti come eroi valorosi e coraggiosi.

Una figura femminile senza aspirazioni o ambizioni, dedicata anima e corpo al marito ed alla eventuale prole. In sostanza, costretta ad abbandonare il proprio essere donna, la propria indipendenza e dignità.

 

Un libro che invita a riflettere sul peso che hanno i giudizi, le considerazioni personali ed a quanto queste possano trasformarsi in pessimi insegnamenti.

 

Una lettura scorrevole ma impegnativa, di testa e di cuore. Girata l’ultima pagina ho provato davvero tanta tristezza e scombussolamento.

300 pagine per non dimenticare. Fosse poi facile.

RECENSIONE "ESTATE ITALIANA" DI SERGIO NELLI

martedì 1 dicembre 2020


“Sembrava che, dopo secoli, non si trovasse più l’Altro, l’alterità; finché a sorpresa non è arrivata, con un salto di specie, una pallottolina verde di un diametro medio di 100 manometri (0,10 micron), dotata di numerosi spuntoni, decisamente aliena, ma anche terribilmente simile alla vita e agli stessi umani.”

 

Nello scorrere le novità in uscita per Les Flaneurs non ho avuto dubbi: “Estate italiana” doveva rientrare fra le mie letture. E non potevo fare scelta migliore.

 

“Estate italiana” è un viaggio attraverso l’estate appena trascorsa, un’estate anomala, fatta di distanze e mascherine sotto l’ombrellone. Ma non solo: è anche il racconto di come si possa vivere dopo avere provato il dolore.

 

Una scrittura melodiosa, che racconta di giornate trascorse davanti ad una finestra, a seguire il volo di un uccello o ad osservare i fiori che timidamente spuntano fra l’erba del giardino. Pagine che ci ricordano quanto questi tempi ci abbiano cambiato e costretto a rallentare. Quest’improvvisa frenata ha fatto sì che ci soffermassimo a ragionare su cose che, in tempi normali, non avremmo avuto la possibilità, né il tempo, di considerare. Primo fra tutti l’importanza degli affetti. Sembra scontato, ma essere privati di qualcosa rende il desiderio della cosa stessa quasi incontrollabile.

 

“Non ho fatto che pensare alla catastrofe finale e non mi ci ero assuefatto. E più stavo male più mi sembrava innaturale morire. Il semp0lice vedervi mi ha rilanciato. Ma il bisogno di ognuno di voi è tale che la vostra mancanza da il campo a un mood ostile”

 

Cercando di vedere il lato positivo, per non cadere nell’autocommiserazione, possiamo dire che il distanziamento sociale ci ha permesso di migliorarci come persone, concedendoci “il lusso” di viaggiare dentro noi stessi.

 

“C’è dell’amaro in quelle telefonate, ma ce lo passiamo con dolcezza.”

 

“Estate italiana” è stata una possibilità.

Quella di guardare indietro, ai mesi appena trascorsi, facendo tesoro del dolore e delle difficoltà vissute.

Sempre con il sorriso sulle labbra.

Ricordandoci che tutto ciò che accade ha un significato e che siamo noi a decidere quale dargli.

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