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RECENSIONE "IO NON TI LASCIO SOLO" DI GIANLUCA ANTONI

giovedì 28 gennaio 2021


Un tale chiamato Albert Camus sosteneva che “La vita è la somma di tutte le tue scelte” ed io non posso che essere d’accordo.

Quando ho ricevuto la proposta di leggere questo romanzo in anteprima non ho avuto dubbi, ancora prima di cominciarlo sapevo che mi sarebbe rimasto aggrappato al cuore.

Caro Camus, una scelta che sicuramente ha arricchito il mio io!!

 

“Io non ti lascio solo” di Gianluca Antoni, è un esordio travolgente disponibile da oggi, 28 gennaio 2021, ed è il primo romanzo che inaugura il nuovo progetto editoriale Salani, Le Stanze.

 

La trama può apparire “sempliciotta”: due bambini che scappano nel bosco per cercare il cane di uno dei due, fuggito perché spaventato dal temporale, l’incontro con “l’orco” del paese, Guelfo Tabacci, indiziato anni prima per la scomparsa (ed il sospetto omicidio) del figlio, caso seguito dal maresciallo De Benedittis e, per finire, la scoperta di alcuni segreti tenuti ben chiusi in un cassetto a doppia mandata. Badate bene, ho detto può apparire.

Perché in realtà è tutt’altro. Molto altro.

 

Questa è la storia di Filo e Rullo, e della loro amicizia, nata sui banchi di scuola. Un’amicizia pura, come solo riesce ad essere questo rapporto fra bambini. Due bambini in realtà molto diversi fra loro, ma si sa, gli opposti si attraggono!

 

Filo è un bambino già cresciuto, un piccolo adulto. È coraggioso, determinato, conosce un sacco di cose, molte di più di quelle che può conoscere un bambino della sua età. È un bambino che sente molto forte il desiderio di differenziarsi, una sorta di ricerca di un senso di unicità.

 

Rullo, invece è un fifone ed è pure permaloso. L’idea di Filo di scappare per cercare Birillo non gli va a genio ma per amicizia decide di sfidare le sue paure e segue l’amico. Filo spesso non lo ascolta perché lo trova noioso e ripetitivo e non accetta il suo atteggiamento di fronte alle difficoltà, non gli piace che l’amico scelga sempre di lasciarsi andare, vorrebbe fosse più combattivo, tenace, proprio come lui.

 

"Meglio mal accompagnati da un amico cacasotto che soli, decisamente meglio."

 

Rullo però è un ottimo amico perché sa tenere un segreto.

 

"Perché la timidezza è solo uno scudo apparente di paura tra sé e lo sconosciuto, e che quando lo sconosciuto diventa conosciuto e abbatti lo scudo allora il timido mostra anche l’anima perché rimane senza difese.2

 

L’avventura di Filo e Rullo può dirsi piuttosto sconsiderata, scappano di casa alla ricerca di Birillo, il cane di Filo


"Io e Birillo siamo stati sempre un’unica cosa, dal giorno che ci siamo scelti."

 

ed in questa folle impresa faranno la conoscenza di Guelfo Tabacci, un uomo solitario, di poche parole e del suo fido amico Diablo. In paese tutti lo conoscono per il suo passato tetro e burrascoso; è stato accusato di essere un uomo violento e di aver ucciso il figlioletto di soli due anni. Guelfo si è sempre dichiarato innocente ma con il passare del tempo ha imparato a convivere con questa colpa che lo ha trasformato in un uomo ferito ed addolorato.

 

Nel corso di questa avventura Filo e Rullo incontreranno Scacco, un orfanello adottato dalla parrocchia ed Amelie, orfana anche lei e adottata dai nonni, e saranno costretti a fare i conti con le proprie debolezze e con le proprie paure, che nonostante la tenera età sapranno trasformare in punti di forza, da sfruttare a proprio vantaggio, ma soprattutto a scoprire una verità che mai avrebbero immaginato e con la quale dovranno convivere.

 

"Più saliamo, più mi prende lo sconforto: penso alla galassia, all’extraterrestre che ci guarda, a quanto siamo piccoli. E a come ci sentiamo grandi invece, nel voler fare questa cosa. Ma grandi non siamo. Siamo come un sassolino di questo sentiero contro il mondo intero, basta un niente per spazzarci via."

 

Antoni è riuscito in maniera superba ad entrare prepotentemente nell’animo, a scavare nel profondo grazie ad una scrittura semplice, scorrevole e ammaliante alternando i punti di vista dei protagonisti dandogli voce dalle pagine dei loro diari, nascosti all’interno del muro della cantina di Guelfo.

I temi affrontati in queste pagine sono molteplici: non si parla solo di amicizia e di valori, ma anche del rapporto genitore/figli, di quanto sia difficile, a volte, mostrarsi deboli e fragili, agli occhi dei nostri figli. Un genitore è un punto fermo, una sicurezza, è casa, ma è comunque un essere umano, con le sue ansie, paure, domande.

 

"Mica si può vedere sempre tutto. Vedi alcune cose, ti soffermi a osservarle e sparisce tutto il resto. Una cosa va in figura e il resto diventa sfondo, e nello sfondo la figura si perde, finché non torna di nuovo in figura, ma in quel momento la figura di prima si perde nello sfondo, è un ciclo infinito. Non c’è figura senza sfondo, né sfondo senza figura."

 

Viene fatta anche luce sul tema della violenza domestica e su quanto, purtroppo, non sempre ci sia una risposta tempestiva da parte delle forze dell’ordine.

 

Un romanzo vero, reale, tangibile; un flusso continuo di emozioni, di sensazioni, di brividi e pelle d’oca.

Per la prima volta nella mia vita ho amato tutti i personaggi perché in ognuno di loro ho trovato un pezzo di me.

Sono ritornata bambina, immaginandomi a correre a perdifiato lungo le stradine sterrate di montagna, con quell’ingenuità e leggerezza d’animo che contraddistingue l’infanzia per ritrovarmi poi adulta, mamma, a combattere con il quotidiano, a volte con i sensi di colpa e con tante piccole paure.

 

Un libro che consiglio a chi vuole sognare restando con i piedi per terra.

 

Grazie Gianluca, il tuo libro mi ha fatto semplicemente sentire VIVA, con i miei lividi e le mie cicatrici.

Grazie Riccardo ed a Salani per questa meravigliosa proposta di lettura.

 

  

RECENSIONE "IL SUGGERITORE" DI DONATO CARRISI

mercoledì 20 gennaio 2021


“Il profumo della morte è al tempo stesso nauseante e dolce. È un controsenso. Prima ti colpisce come un cazzotto nello stomaco, poi scopri che c’è qualcosa, in fondo a quell’odore, che non puoi fare a meno di gradire.”

 

Dopo “La casa delle voci”, consigliata da molti, decido di cominciare dall’inizio.

Ed è così che inizio a leggere “Il suggeritore”, romanzo d’esordio del 2009 di Donato Carrisi.

 

Mi trovo letteralmente catapultata all’interno di un’indagine piuttosto contorta, un intreccio che tiene il lettore incollato alle pagine senza abbassare mai la soglia dell’attenzione.

Personaggio chiave di questo romanzo è Mila Vazquez, una donna che non ama apparire e che di professione cerca di scoprire quali verità si nascondono dietro ai casi delle persone scomparse. Un personaggio reale, vero, una di noi insomma. Al suo fianco troviamo Goran Gavila, criminologo dal fare diretto, chirurgico, all’apparenza distante ma che rivela tutto il suo lato umano nel rapporto con il figlio, al di fuori dell’ambiente lavorativo.

 

Il lavoro di costruzione dei personaggi di Carrisi permette di conoscere tutti quei lati che rendono i personaggi “di carta” delle comuni persone reali. Tutti i dubbi, le debolezze i pregi ed i difetti che possiamo ritrovare anche in noi stessi.

 

Lo stile di Carrisi, inoltre, grazie alla sua scorrevolezza, ti permette di immergerti totalmente nella lettura, tenendo alta l’attenzione e non perdendo mai di vista il filo della trama. Ci sono molte descrizioni che ho trovato non eccessivamente lunghe ma efficaci.

Lo consiglio? Sì, e sicuramente recupererò anche i successivi.


RECENSIONE "IL TEMPO DELL'ATTESA" DI ELIZABETH JANE HOWARD

venerdì 15 gennaio 2021


“Avevano spento la radio e, sebbene la stanza fosse piena di gente, il silenzio era completo al punto che Polly percepiva, quasi sentiva, il battito del proprio cuore. Finché nessuno parlò, finché nessuno si mosse, vi fu un ultimo scampolo di pace…”

 

“Cominciarono ad agitarsi sulle sedie, chi mormorava, chi accendeva una sigaretta, chi diceva ai bambini di andare fuori a giocare. Il peggio stava accadendo, e loro si comportavano come niente fosse. Era così che faceva la sua famiglia quando le cose andavano male.”

 

“Il tempo dell’attesa” è il secondo volume della saga de “I Cazalet”, che riparte nel settembre del 1939, a distanza di circa un anno dalla fine del primo volume, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

 

Ci ritroviamo ad Home Place dove i nostri protagonisti sono alle prese con la paura e l’incertezza che la guerra, ormai alle porte, trasmette loro.

Ogni giorno sentono volare aerei, scoppiare bombe; la guerra è sempre più vicina e le ripercussioni, soprattutto psicologiche, sono molte. Gli uomini sono spesso assenti, chi impegnato in guerra chi nell’azienda di famiglia mentre le donne sono impegnate con i bambini, la casa e la cura dei feriti di guerra.

 

In questo volume la Howard ha voluto dare maggiore risalto proprio ai punti di vista dei personaggi femminili, nello specifico di Polly, Louise e Clary. Le tre adolescenti sono le più spaventate: cosa succederà? Che tipo di futuro potranno immaginare per loro? Le vedremo alle prese con le prime esperienze amorose, con forti desideri di emancipazione e ambizioni sulle quali lavorare. Diciamo che ci ritroveremo a vivere tutto quell’insieme di emozioni e sensazioni che anche noi, alla loro età, abbiamo attraversato.

 

La storia prosegue per circa due anni, nei quali vedremo crescere i nostri personaggi, grande punto di forza della narrazione della Howard.

Rispetto al primo volume ho però perso un po' di entusiasmo nel corso della lettura. Ero partita gasatissima ma questo volume mi ha un po' delusa. La lettura è stata più lenta e noiosa; lo stile narrativo della Howard è davvero molto dettagliato e descrittivo. Che non è necessariamente un punto sfavorevole perché ti permette di addentrarti all’interno della famiglia ambientandoti e sviluppando empatia con i personaggi. Per me però è stato un po' troppo.

Ma io sono cocciuta e ho comunque deciso di proseguire…

Vi terrò aggiornati sugli sviluppi!

RECENSIONE "IL CASO VUOLE" DI RICCARDO ZAMBON

martedì 12 gennaio 2021


Non c’è niente di meglio di una giornata di mare, goduta tra amici surfando onde altissime e veloci. L’occasione giusta per sfoggiare l’auto nuova, per far ingelosire qualcuno o per festeggiare una promozione col proprio compagno, godersi una passeggiata sul lungomare.

Ma non sempre tutto è come sembra.

Se lo è, potrebbe cambiare in un attimo.

 

Il titolo “Il caso vuole” non poteva essere più azzeccato. Ed in questo romanzo è proprio così.

È il Caso che tiene le fila ed unisce le vite dei protagonisti.

 

Fabio e la cugina Elena si apprestano a trascorrere qualche giorno di vacanza insieme ai rispettivi compagni, fra loro colleghi di lavoro, sul nuovo bolide del ragazzo. Il loro sarà un viaggio piuttosto tormentato, un ritorno ad un passato che per scelta era stato “dimenticato”, soprattutto da Elena, ma che, con prepotenza, viene riportato a galla. Lorenzo, dopo una giornata a surfare con gli amici ed un pranzo ristoratore, si mette in macchina e ritorna a casa dalla fidanzata. Pietro, alticcio dopo le svariate birre consumate al bar per “festeggiare” la perdita del lavoro, passeggiando sul lungomare si troverà faccia a faccia con un qualcosa che smuoverà in lui desideri repressi.

 

E all’improvviso sentì nostalgia. Di un tipo di vita che gli era mancata, probabilmente irrecuperabile. Di una normalità che per quanto banale a volte gli appariva necessaria o comunque rilassante.

 

Vite che apparentemente non hanno nulla in comune ma che nell’arco di poche ore si intrecceranno fino al finale, assolutamente inaspettato.

 

Un libro che durante la lettura ci trasporta, a turno, sulle auto dei nostri protagonisti, ad assistere a discussioni, riflessioni o silenzi.

Zambon ha costruito una storia che funziona accompagnandola ad uno stile scorrevole ed una scrittura chiara.

 

Innumerevoli sono state le sensazioni che mi hanno accompagnata durante la lettura.

Inizialmente ho provato fastidio che si è trasformato poi in compassione, tenerezza, pena per sfociare in un sorriso ad occhi lucidi. Per il quale ringrazio molto l’autore.

 

Certe coincidenze non possono accadere. 

RECENSIONE "C'E' CHI DICE DI VOLERTI BENE" DI SARA GAZZINI

giovedì 7 gennaio 2021


Mettete un giovedì sera di ottobre, un piccolo garage ed un gruppo di donne, senza nulla in comune (apparentemente) che raccontano le loro vicissitudini amorose.

 

“Già, nella mia mente ottobre non aveva mai avuto un ruolo, erano soltanto trentun giorni, anonimi come le innamorate che avrei aiutato. Con il centro invece avrei avuto finalmente la possibilità di dare a ottobre il suo senso: sarebbe diventato il mese delle ferite, di quelle che sembrano non smettere mai di sanguinare, ma che contro ogni aspettativa guariscono. Sì, avevo deciso: ottobre sarebbe stato il mese del riscatto.”

 

Così comincia il romanzo di Sara Gazzini, “C’è chi dice di volerti bene” edito Harper Collins. Un libro uscito nel 2017, che ho letto proprio nel mese di ottobre 2020 (giuro, è stato un caso!), e che merita di essere raccontato e soprattutto consigliato.

 

La protagonista è una donna che con l’amore ha sempre avuto un rapporto un po’ burrascoso; un matrimonio fallito, svariate delusioni amorose, un figlio ed un cane ai quali si dedica interamente da sola. Traboccante di esperienza nel campo decide di diventare una love personal trainer riunendo, nel suo piccolo garage, donne che hanno bisogno di sfogarsi, esprimersi e supportarsi, dando vita al Circolo delle “Innamorate anonime”.

Lei di amori non corrisposti, abbandoni e delusioni ne sa qualcosa, ma gli incontri con le altre donne accresceranno ancora di più la sua conoscenza sul tema.

 

“La verità è che l’amore devasta e confonde e ci induce a fare cose di cui in seguito ci pentiremo, come da ubriachi. L’amore è una bottiglia di vino. Di quello rosso e di almeno quindici gradi.”

 

Sarà impossibile non ritrovarsi, almeno una volta, nei racconti delle donne del gruppo. Perché chi di noi non è stata lasciata, tradita, delusa da un amore? Quante di noi hanno aspettato un uomo idealizzando un amore da favola, oppure hanno sofferto davanti ad un telefono muto, o ad un messaggio senza risposta?

 

Perché le donne possono trascorrere un intero weekend davanti alla tv in compagnia di una vaschetta di gelato e di un plaid guardando Love Story e I ponti di Madison County solo per la voglia di piangere a dirotto; possono stare chiuse in casa con indosso il pigiama di ciniglia e i calzini antiscivolo di Winnie The Pooh, ascoltando la stessa canzone all’infinito, visto che durante quella canzone lui le ha baciate la prima volta, ma ciò che ho sempre notato, e che si sta verificando anche in questo piccolo circolo de mal d’amore, è che, nonostante tutto, le donne non perdono mai la voglia di rialzarsi.

 

La scrittura della Gazzini è semplice, una penna intelligente, diretta ed essenziale.

Un romanzo che parla di donne, della loro tenacia e del coraggio nell’affrontare le situazioni, specie le più dolorose, senza mollare e rialzandosi qualora l’equilibrio le avesse fatte cadere a terra.

 

Un romanzo che consiglio a chi ha in casa una bella collezione di delusioni ed a chi non ne ha ancora avute.

Per ricordare la forza che nascondiamo dentro noi stesse ma che è sempre lì, pronta a venire fuori, in caso di necessità. 

BLOG TOUR "UN GIORNO TUTTO QUESTO" DI ANDREA LERARIO

martedì 5 gennaio 2021

Buongiorno lettori,

oggi il blog partecipa al Blog Tour del nuovo romanzo giallo di Andrea Lerario “Un giorno tutto questo”, edito Casta Editore. Oltre alla mia recensione, approfondirò la figura di Turi, protagonista principale della storia.

 

A Racitta, piccola cittadina siciliana affacciata sul mare, l’estate è piuttosto intensa. Non per via del caldo, al quale i cittadini sono bene abituati, ma bensì per le tre rapine che in pochi giorni hanno colpito le tre banche della città. Un evento che da solo non è servito a focalizzare l’attenzione degli abitanti quanto piuttosto il funerale del contadinello più povero del paese, Ciccino Mezzapelle, senza il becco d’un quattrino, al quale qualcuno ha organizzato una “festa” da migliaia e migliaia di euro con tanto di cavalli e calesse.

 

Ma chi? E soprattutto, perché?

 

Ecco che entra in scena il nostro protagonista, Turi Di Dio, colui che nasconde molto di più di quello che lascia trapelare. È il maresciallo dei carabinieri di Racitta, non per sua espressa volontà quanto per quella del padre, che lo ha fortemente indirizzato alla professione, e come si può bene immaginare, a lui verrà affidata l’indagine relativa alle rapine. Ma, curioso qual è, non potrà non interessarsi anche al maestoso funerale del Mezzapelle. E quello che scoprirà sarà piuttosto interessante…

 

“Una scelta è di chi una scelta ce l’ha”.

 

Turi, dilaniato dal dolore per la perdita della madre, lutto che non è ancora riuscito a superare nonostante siano passati 30 anni, è refrattario al dolore, cerca in tutti i modi di scappare da ciò che lo può provocare. È un uomo che dietro a comportamenti piuttosto rudi nasconde un animo gentile, posato ed educato. È fragile, debole, orgoglioso, troppo preso da tutto fuorché da se stesso. È sposato con Marcella, tipica donna del Sud, che non vede in lui “l’uomo di casa”, nonostante Turi, dopo anni trascorsi da scapolo, sia in grado di sopravvivere e di dedicarsi ad ogni attività domestica, quanto piuttosto colui che porta a casa la pagnotta (come si suol dire). Un matrimonio giovane, di soli due anni, con una cicatrice che Turi ha contribuito a lasciare, forse per via della sensazione di costrizione nel quale si ritrova, una vita scelta per sfuggire al mostro della solitudine.

 

“Il carattere era quello che era, ma il suo mestiere lo sapeva fare”.

 

Il suo linguaggio è diretto, a tratti volgare, condito da parolacce e da un complesso intercalare siculo che lo rende però il maschio che si vuole far credere.

Nel corso del romanzo lo vedremo alle prese con una forte crescita personale che gli permetterà di ritrovare e mettere a posto quei tasselli della sua vita andati perduti.

 

“Perché a perdere, è ovvio, un uomo può metterci anche tutta una vita; ma vincere, quello, è un affare immediato”

 

Un romanzo dalla trama delineata sin dall’inizio; non troverete colpi di scena eclatanti ma una scrittura lineare talvolta fin troppo descrittiva. Ammetto di essere stata rallentata, durante la lettura (ma questo è probabilmente un fattore puramente soggettivo), dalle troppe frasi in dialetto siciliano inserite che mi hanno costretta ad una rilettura per cercare di capirne il senso.


E Voi? Siete pronti ad incamminarvi per le stradine di Racitta? Magari, potreste incontrare proprio lui, Turi Di Dio, il maresciallo!

 

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