Slider

RECENSIONE "LA CASA DEI BAMBINI PERDUTI" DI NICOLA ARCANGELI

mercoledì 25 novembre 2020


"Un bambino paffuto si avvicinò: era Alberto, il figlio dell'edicolante. <Mirko non c'era> disse. Mauro non capì subito il senso della frase. <Non è venuto a scuola?> chiese Giovanni, un altro educatore. Alberto scosse il capo: <No>. Mauro lo imitò di riflesso, più nervoso: quel piccolo cicciomerdo si stava sbagliando. Mirko era lì, doveva essere lì."


Un libro che parla di bambini rapiti, una trama noir avvincente ed intrigante, colpi di scena ben piazzati ed un finale bomba.

Un altro centro per la Clown Bianco.

 

“La casa dei bambini perduti” di Nicola Arcangeli è tutto questo.

Un thriller che coinvolge e che ti accompagna, pagina dopo pagina, mantenendo alta l’attenzione e la curiosità.

 

La storia inizia con una sparizione. Mirko Giani, figlio del noto giornalista Mauro, è stato rapito dopo essere stato accompagnato a scuola dalla madre. Per Mauro l’unico mandante di questo rapimento è Massimo Biraghi, candidato alla carica di Presidente dell’Emilia-Romagna, in piena campagna elettorale. Si tratta di una vecchia conoscenza del giornalista che, da tempo, cerca di smascherare tutto il losco che il Biraghi nasconde.

Arcangeli tratta un tema, quello della politica, che non ricerco mai nelle mie letture. Non ne sono appassionata e non la seguo più di tanto. Ammetto però che ho trovato questo libro molto interessante; il racconto, seppure romanzato, di tutto quello che si può realmente nascondere dietro alle serrate campagne elettorali e di quanto “sporco” possa esserci, mi ha ricordato un po' quello che accade anche nella nostra politica quotidiana. Un tutto contro tutti, non sempre ad armi pari.

 

Le sparizioni aumentano, ed il caso viene affidato dal questore Salomoni a Simon Groff, un bravissimo poliziotto, “il migliore”. Simon è rimasto “fuori” per qualche tempo dai giochi dopo la morte della moglie; un dolore che ha scelto di curare con l’alcool. Con troppo alcool.

Il caso affidato non sarà di semplice gestione, la strada sarà tortuosa e piena di tranelli ed anche la task force organizzata in supporto darà filo da torcere al nostro Simon.

 

La costruzione dei personaggi ed il loro delinearsi all’interno della storia è ciò che più mi è piaciuto del romanzo. Sono stati descritti in maniera molto approfondita e mi hanno permesso di entrare subito in sintonia con loro. Si tratta di personaggi caratterizzati da un passato doloroso, da segreti, e da molte debolezze.

 

Un thriller che parla di solitudine, di sensi di colpa ma anche di rinascita.

Non solo un thriller.

Ma molto di più.

 

Grazie Vania, come sempre.

RECENSIONE "LA CONTESSA DI RICOTTA" DI MILENA AGUS

lunedì 16 novembre 2020

 

Una sera di qualche settimana fa mi sono seduta di fronte alla mia libreria, indecisa su quale libro cominciare a leggere. Chi mi segue sa che ho una libreria dove ci sono dei ripiani dedicati esclusivamente ai libri ancora da leggere.

Sono stata seduta sul pavimento per una buona mezz’ora e dopo qualche tentennamento ho scelto “La contessa di ricotta” di Milena Agus, pubblicato nel 2009 da Edizioni Nottetempo.

Una lettura veloce, poco più di cento pagine che, grazie alle meravigliose descrizioni, mi hanno riportata a spasso per Cagliari, visitata due volte grazie a Sara, fondatrice di “Diario di un sogno”, blog letterario con il quale collaboro da due anni.

 

Le protagoniste di questa storia sono tre sorelle, dal passato prosperoso ma dal presente piuttosto povero e triste: Maddalena, desiderosa di un figlio che però non arriva e che sembra essere il suo unico scopo nella vita; diverse sono le scene di sesso descritte dalla Agus, con l’utilizzo di un linguaggio piuttosto crudo e diretto, probabilmente per rendere ancora più l’idea dell’ossessione di maternità. Poi c’è Noemi, la più grande, zitella per scelta altrui, non di certo per la propria, e la contessa di ricotta, mamma di Carlino, bambino a detta della gente “problematico”, spesso attraversata dal pensiero del suicidio come unica soluzione alla sua vita così infelice e vuota. Il suo soprannome, come facilmente intuibile, deriva dal fatto che non c’è nulla di consistente in ciò che fa, tutto si sbriciola e si disperde.

 

Tutte e tre le protagoniste sono tristi, ognuna a modo suo ed ognuna per le sue motivazioni.

Hanno paura, paura del futuro e di tutto quello che di peggio potrebbe ancora succedere.

A volte, ma raramente, pare si lascino andare al pensiero positivo… ma è solo un’impressione, la negatività torna ad impossessarsi di loro.

 

Il sentimento predominante che mi ha accompagnata nel corso della lettura è stato quello della tristezza: Milena Agus è riuscita a mettere nero su bianco una storia intensa, toccante, con un tema centrale e poco trattato come quello del suicidio.

 

Un libro che mi sento comunque di consigliare per la sua veridicità.

RECENSIONE "IL CARDELLINO" DI DONNA TARTT

venerdì 13 novembre 2020

 
Ci sono libri che colpiscono e spaventano per la loro corposità.

Sono quei libri che prendiamo in mano più volte, attratti dalla copertina o dalla trama, ma che immancabilmente posiamo perché “ora non è il momento”, “ho bisogno di una lettura più breve” etc.

I cosiddetti “mattoni”.

 

“Il cardellino” si è collocato, per me, negli ultimi due anni, proprio all’interno di questa nicchia.

E c’è rimasto fino allo scorso luglio quando Emilie mi ha coinvolta nella lettura grazie al GDL #ilmattondellestate.

Ecco, non potrei esserne stata più felice.

 

Al di là del suo spessore “Il cardellino” è un libro che si divora; un libro che intrappola senza dare la possibilità di accorgersene. Un libro che emoziona e che scava nel profondo di ognuno di noi.


Il protagonista è Theodore Decker, che conosceremo da bambino e che vedremo crescere, pagina dopo pagina; un ragazzo dal passato intenso e doloroso, costretto a misurarsi troppo in fretta con la perdita della madre durante un attentato al museo che stavano visitando insieme, al quale lui è incredibilmente sopravvissuto.

 

Non possiamo obbligarci a desiderare ciò che è bene per noi o per gli altri. Non siamo noi a determinare il tipo di persone che siamo.

 

La scrittura di Donna Tartt è molto descrittiva; un fattore che per alcuni potrebbe essere negativo ma che per me è stato un valore aggiunto alla lettura; i personaggi sono stati caratterizzati perfettamente, così come le descrizioni dei paesaggi sfondo della vicenda.

Una storia di vita, un racconto che parla di vita, e lo fa in maniera magica e poetica, lasciando spazio a profonde riflessioni.

 

Chi avrebbe mai detto che era in mio potere far felice qualcuno? O che io stesso potessi essere felice?


Una lettura che mi ha tenuto compagnia per circa due mesi e che, dilazionata nel corso delle settimane, mi ha dato modo di apprezzarla ancora di più, perché mi ha permesso di dedicarle il tempo che merita.

Una lettura che consiglio davvero, un viaggio che è necessario fare.

 

Non possiamo scegliere cosa vogliamo e cosa non vogliamo e questa è la verità nuda e cruda. Non possiamo scappare da ciò che siamo.

Powered by Blogger.
Theme Designed By Hello Manhattan
|

Your copyright

Your own copyright