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RECENSIONE "NO, NON ABBIAMO FIGLI, L'AMORE AI TEMPI DELL'INFERTILITA'" DI GIORGIO M. GHEZZI

venerdì 27 marzo 2020


Per chi sta attraversando questo momento, per chi ci è già passato e per chi ignora che possa succedere.
Questo libro è per tutti voi.
Perché non riuscire ad avere figli, al giorno d’oggi, succede. 
Ma è difficile mettersi nei panni di chi quel dolore lo vive.

Giorgio M. Ghezzi, nel modo più delicato ed onesto possibile, racconta la sua storia, la sua vita, il suo “non essere padre”.
E lo fa partendo dall’inizio, dal cambio di lavoro; Giorgio si accorge di avere poco da raccontare ai colleghi, per presentarsi: 

“Sono sposato”.
BASTA. 
STOP.
Non ha altro da dire, ma immancabilmente si trova ad affrontare le classiche domande, quelle curiosità alle quali risponde, rimanendo sempre sul vago: 
“Avete figli?” “Quando sfornerete un pargolo?”
Come se bastasse solo essere giovani e sposati per mettere al mondo una creatura.

Giorgio ha scoperto il desiderio di paternità in piena fase adolescenziale, con la nascita della sorella, ha continuato a coltivare il sogno anche dopo essersi fidanzato, a circa vent’anni, e poi dopo aver incontrato l’amore della sua vita, la sua attuale compagna.
Con lei ha attraversato una fase dolorosa della vita, una gravidanza svanita subito, una ferita che non si rimargina, un desiderio che non muore.
Con lei ha viaggiato per cercare di realizzare quel desiderio, costi quel che costi.

Giorgio è riuscito a raccontare la sua esperienza con estrema chiarezza e mai rendendo pesante la lettura.
In ogni pagina si è costretti a fare i conti con le speranze, le delusioni ed il dolore provato; ed è impossibile rimanerne estranei a questa storia.

Se potessi fare una domanda all’autore sarebbe questa: “Quanto è stato doloroso scrivere questo libro?”, perché io credo che sia stato difficile ripercorrere un cammino così pieno di ostacoli ma altrettanto credo possa anche essere stato “curativo”.

Lo dico da mamma; ho tre bellissimi bambini ma ho anche attraversato, per due volte consecutive, il tunnel della perdita.
E fa male, fa un male indescrivibile.

Giorgio da voce alla visione maschile dell’infertilità e della sterilità, argomento che per molti fa parte solo dell’universo femminile. 
Lo fa donandoci una lettura profonda ed intensa, carica di emotività.
Una sorta di diario dove le parole vengono recepite come un dono; Giorgio ha dimostrato di essere capace di sorridere anche di fronte alle negatività della vita, ed io ritengo che questa sia una grande dote.
Grazie alla CE ed all'autore per avermi dato la possibilità di riflettere su questo argomento e per avermi, più volte, emozionato.

RECENSIONE "AMORE COLPEVOLE" DI SOF'JA TOLSTAJA

martedì 24 marzo 2020


Può un amore inizialmente da sogno, trasformarsi in una gabbia?
Anna è appena diciottenne quando viene chiesta in sposa dal principe Prozorskij, più grande di lei di oltre dieci anni.
Anna è una ragazza che sogna l’amore puro, sentimentale. Spesso viene sopraffatta dalla gelosia nei confronti del principe, e di quelle che sono state le donne avute prima di lei.

Mi dica la verità, principe, tutta la verità: prima di me, ha amato molte altre? E quante? 

Dopo il matrimonio si trova di fronte ad una cruda realtà rispetto alla sua aspettativa di vita; il principe non è quello che sembrava, è spesso schivo e la trascura.
Lui è interessato principalmente all’amore carnale, sessuale, mentre Anna, molto più passionale, in sua presenza si sente spesso in difficoltà.
È qui che fa il suo ingresso Bechmetev, caro amico del principe, che conquista Anna grazie ai suoi modi dolci e sensibili, ma con la quale non avrà altro che un rapporto platonico; un amore presente, forte, silenzioso, fatto di sguardi, ma mai lasciato nascere, per ovvie ragioni.
Il principe, accecato dalla gelosia, non accetta questo tipo di rapporto, nonostante i due non facciano nulla di male se non trascorrere del tempo insieme, pitturando o leggendo libri insieme ai figli di Anna.
Anna, insoddisfatta della sua vita e sofferente, prende forza dai suoi figli; ci si aggrappa, è solo per loro che continua ad andare avanti.
E lo farà, fino alla fine.
Una fine che mi ha colpita, e che anche dopo aver girato l’ultima pagina, ha continuato a girarmi in testa per un paio di giorni.

“Amore colpevole” è un romanzo autobiografico, intenso e molto doloroso.
Sof’ja, moglie di Lev Tolstoj, madre di 13 figli, ha abbandonato la sua passione per la scrittura per dedicarsi alla famiglia, e soprattutto alla riscrittura dei testi del marito.
Una donna che ha sacrificato la sua vita per amore, accettando la gelosia e la sottomissione fisica del marito, timorosa di poter perdere il suo amore ed essere abbandonata.
Una donna che ha dimenticato la sua individualità, il potersi ritagliare un po' di tempo per sé stessa, per i propri interessi e per le proprie passioni.

Un romanzo dalla scrittura scorrevole, potente, che vi consiglio di leggere.

RECENSIONE "VIOLA DI NOTTE" DI ILARIA BIANCHI

mercoledì 18 marzo 2020



Non mi è capitato tante volte nella vita di affezionarmi ad un romanzo; quelli che sono riusciti veramente ad emozionarmi non sono stati tanti.
“Viola di notte” però, è entrato prepotentemente in classifica.

Tutto è nato per caso, una tarda sera di febbraio, quando io e Ilaria abbiamo incrociato il nostro cammino.
Qualche scambio di messaggi e ho capito che avrei voluto davvero leggere il suo romanzo.
E il mio intuito non ha sbagliato.

Ho conosciuto Mattia, voce narrante della storia, il ragazzo apparentemente perfetto, colui che fa credere agli altri di essere felice nascondendo invece una profonda solitudine, condita dal rimorso per la morte del gemello Matteo.

Nessuno può dirgli quanta bellezza c’è nella tristezza di quello che sente, nessuno può dirgli che è perfetto anche chi le emozioni riesce a mostrarle senza avere paura.

Ho conosciuto Viola, tramite le pagine del suo diario “Viola di notte”, appositamente “abbandonato” sul sedile della ruota panoramica, al luna park. Quel luna park che Viola forse un giorno non vedrà più, a causa di una malattia agli occhi, la fotofobia, una sorta di avversione alla luce.

Lui che poteva vedere non aveva mai visto niente.

Due personaggi le cui vite si intrecciano e si incastrano alla perfezione, donando emozioni travolgenti.
Un diario che, pagina dopo pagina, accompagna la rinascita di Mattia, il suo cominciare a dare un senso alle piccole cose, il suo ricominciare ad essere sereno, a lasciarsi andare, forse per la prima volta, alle vere emozioni.

La scrittura di Ilaria è delicata, scorrevole, essenziale, ma mai banale o scontata.
“Viola di notte” è un libro molto profondo, intenso, emozionale. Una storia d’amore, questo è chiaro, ma anche un romanzo che fa riflettere, che parla di vita, insomma, un romanzo come quelli che piacciono a me.

L’insegnamento di fondo che Ilaria trasmette con le sue parole è quello di guardarsi dentro, ma farlo VEDENDO ciò che realmente siamo.
Perché fra guardare e vedere c’è molta differenza, ma a volte ce ne dimentichiamo.
Dovremmo imparare a dare maggior valore a ciò che ci circonda o quanto meno provarci; solo così potremo vivere la nostra vita in maniera totalizzante non trascurando il fatto che ognuno di noi è speciale per ciò che è, con i suoi pregi ed i suoi difetti.

Ilaria, a Te dico GRAZIE, per avermi regalato la storia dei tuoi personaggi e per avermi fatto sognare.
Spero di leggerti presto, di nuovo.

RECENSIONE "LE ACQUE DEL SONNO ETERNO" DI MARIA CRISTINA PIZZUTO

venerdì 13 marzo 2020



Riuscire a scrivere un romanzo ispirato ad una tragedia realmente accaduta, come quella della diga del Vajont del 09 ottobre 1963, e farlo utilizzando una scrittura descrittiva ma allo stesso tempo molto semplice, non è da tutti. Maria Cristina è riuscita molto bene in questo compito.

“Le acque del sonno eterno” è una storia magica, che miscela al suo interno elementi sia fantastici che reali.

È la storia di Sara, una ragazzina di dieci anni, orfana a seguito di un incidente, che va a vivere con lo zio Alberto, un uomo schivo, misterioso, nel suo castello a Pomlete. Sarà proprio l’assenza di affetto da parte dello zio che spingerà Sara a riscoprire sé stessa ed a conoscersi di più.

E proprio questo suo percorso di crescita le permetterà di incontrare Francesco, il suo primo amore.

“Le camminate per i colli erano il loro passatempo preferito. Il contatto con la natura la loro forza. Chi l’avrebbe mai pensato che, un giorno, proprio questa devastante forza li avrebbe separati?”

La natura e l’acqua, elemento fondamentale per la vita, che in questo libro però per quanto da, allo stesso tempo toglie.

Maria Cristina parla dell’uomo, di tutto quello che non può controllare, dell’amore e della speranza che lo aiutano ad andare avanti, nonostante il dolore.

Questo è un romanzo molto delicato che calamita l’attenzione sin dalle prima pagine e ti trascina fino alla fine.

Il personaggio di Sara mi ha trasmesso molta tenerezza; viene descritta come una ragazzina sola, quasi abbandonata dallo zio, unico famigliare rimasto a prendersi cura di lei, che la lascia costantemente alle cure di maggiordomo e domestica.

Per il personaggio dello zio Alberto invece, non ho inizialmente provato simpatia; l’idea di avere in casa la nipote e di non considerarla più di tanto mi ha infastidito non poco. Ma verso la fine del libro mi sono ricreduta, ed ho apprezzato la struttura del personaggio.

Ringrazio Maria Cristina per avermi inviato la copia del suo libro e per avermi permesso di leggerlo.

RECENSIONE "THE DARK SIDE OF THE SUN" DI NICK RAGAZZONI

lunedì 9 marzo 2020



Ci troviamo in Giappone, negli anni ’60, quando scompare un’adolescente, Natsuki Urayama, che non fa ritorno a casa dopo la scuola. Natsuki vive con la sorella, Madoka, ed il padre.

Il caso viene affidato al giovane ispettore Noriyuki Nagai, un trentatrenne piuttosto bravo nel suo lavoro ma con un trascorso pieno di sfortuna. Il suo essere hafu, ovvero figlio di una coppia mista, madre britannica e padre giapponese, lo ha più volte messo in difficoltà, facendolo sentire “diverso”.

Il corpo della ragazzina, martoriato, viene ritrovato, e l’ispettore capisce che la soluzione del caso sarà tutt’altro che semplice.  

“Il male non cesserà mai e la morte raggiungerà ognuno di noi prima o poi, ma sappia che è vero anche il contrario, ovvero che anche il bene non conoscerà mai una fine, perché a ogni forza ne corrisponde un’altra identica di senso opposto.”

Nagai ci racconta di un sistema giudiziario corrotto, dove non esiste giustizia: dove la stampa racconta falsità e dove pur di raggiungere il proprio scopo si è disposti a tutto. Si parla di una società che discrimina i burakumin, persone costrette a vivere in pessime condizioni ed a svolgere i più umili lavori, costantemente giudicate per il loro status sociale.

“Occorreva andare oltre le apparenze, oltre i pregiudizi, anche se di solito risultava quasi impossibile”

È proprio la pressione che riceve dai media, che vogliono assolutamente un colpevole, e dal proprio capo, che spinge Nagai al tutto e per tutto.
Che cosa sarà costretto a fare per giungere alla soluzione del caso?

Questo giallo, perché di un giallo si tratta, mi ha inizialmente lasciata titubante; una prima parte più “lenta” e descrittiva ha lasciato poi il posto ad un susseguirsi di eventi che hanno alzato il pathos della lettura rendendola piuttosto coinvolgente.
Il personaggio dell’ispettore Nagai, dall’animo tormentato, facile vittima dell’alcool, è cresciuto e maturato all’interno del romanzo; mi è piaciuto molto per la sua forza d’animo e per il suo essere coraggioso, ma soprattutto per la sua tenacia di fronte all’ingiustizia.

I miei complimenti a Nick, con la speranza di leggere presto un’altra avventura.

RECENSIONE "L'UCCELLINO ROSSO" DI ASTRID LINDGREN

mercoledì 4 marzo 2020


Essere in grado di ritornare bambini tramite la lettura è un grande privilegio.
Ed a me è successo grazie a questo libro, edito Iperborea, che ringrazio per avermene gentilmente inviato una copia e per avermi permesso questa collaborazione.
Si tratta di quattro racconti brevi, inediti in Italia, della famosa scrittrice di libri per bambini (autirce del famosissimo Pippi Calzelunghe)
Quattro racconti dove i protagonisti sono i bambini, soggetti preferiti dalla scrittrice. A loro la responsabilità di trasformare, grazie anche alla fantasia, le difficoltà ed i dolori di una vita condotta nella miseria più totale, in qualcosa di magico.
Grigio è il colore che assegnerei a questa raccolta, la tristezza fa da sfondo ad ogni racconto.
Troviamo due fratellini orfani, adottati da un contadino senza cuore che ha come pensiero principale quello di farli lavorare a più non posso, togliendo loro la gioia di essere bambini. Sarà un uccellino rosso a fargli scoprire un luogo incantato dove è sempre primavera e dove ci sono tanti bambini liberi di giocare.
Poi c’è Malin, una ragazzina orfana, costretta a vivere in un ospizio per poveri. Per lei invece sarà il canto di un usignolo e le parole di una poesia a darle il coraggio di scacciare la tristezza semplicemente piantando un semino per terra…
Stina Maria, solo recitando una filastrocca, si trova prigioniera dei “sottoterrestri”, protagonisti dei magici racconti del nonno.
Ed infine Nils, costretto a letto per via della febbre, sogna di essere l’eroe di un’avventura che lo porterà a salvare il re in persona.
È stata una lettura scorrevole e piacevole; l'edizione è arricchita dalle illustrazioni Anna Pirolli.
Mi è piaciuto moltissimo il ruolo attribuito alla fantasia, così importante per i nostri bimbi.
Con la fantasia si è in grado di trasformare il negativo in qualcosa di magico. L'importante però, è tornare sempre con i piedi per terra.

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