Che la Fazi sia
per me una certezza è un dato di fatto.
Dopo la lettura
di questo capolavoro posso urlarlo a gran voce.
Un esordio potente,
una storia che ti tiene incollata fino all’ultima pagina, una scrittura non certamente
riconducibile ad un’esordiente.
“La figlia
femmina” racconta una storia molto dolorosa, a tratti fastidiosa.
È narrata in
prima persona da Silvia, mamma di Maria, la “figlia femmina” protagonista. È una
storia che si snoda fra Marocco e Italia, e vede una Maria prima bambina poi
adolescente.
“Le figlie
femmine… in molti paesi se sono brutte è un vero problema”
Non serve
addentrarsi molto nella lettura per capire quale sia stato il fattore scatenante,
il punto di rottura che ha inevitabilmente cambiato la vita di Maria. Il padre,
Giorgio, provava per lei un’attrazione innaturale, riservandole attenzioni ed
atteggiamenti più che incestuosi.
Silvia, perdutamente
innamorata del marito, non coglie il significato dei suoi comportamenti e
soprattutto non da sufficiente importanza alle reazioni della figlia, che cerca
in tutti i modi di sfogare la rabbia repressa rimanendo, però, totalmente
inascoltata.
“In fondo anche
ciò che è brutto può sembrarmi bello se è con occhi belli che lo guardo”
Sarà il
definitivo trasferimento a Roma, dopo la morte di Giorgio, a mettere Silvia di
fronte a tutto ciò che per anni aveva finto di non vedere.
L’incontro fra
Antonio, il suo nuovo compagno, e la figlia Maria, descritto peraltro meravigliosamente,
sarà cruciale: Silvia capirà finalmente il profondo disagio della figlia, una
piccola tentatrice, attratta dagli uomini più grandi di lei e decisa a punire
la madre per la sua assenza totale nel momento del bisogno.
“Sai, Maria,
penso si possano teorizzare due tipi di felicità: una felicità momentanea,
legata al soddisfacimento di bisogno e pulsioni, e una felicità infinita e
smisurata, come condizione di esistenza perenne. Ecco, quest’ultima credo non
esista. È qualcosa cui l’essere umano ambisce per natura, ma la consapevolezza
che sia impossibile raggiungerla non comporta già di per sé uno stato cronico
di infelicità?”
Un libro che
parla di genitori e figli, di violenza, di debolezza; temi forti, ma trattati
in maniera esemplare, da un’esordiente che tanto esordiente non sembra, e dalla
sua penna, delicata e poetica.
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