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RECENSIONE "QUELLO CHE NON SAI" DI SUSY GALLUZZO

venerdì 9 aprile 2021


“È la prima volta che ti scrivo dopo la tua morte. Sono a casa tua. Vengo spesso qui, almeno un paio di volte alla settimana. Ho lasciato tutto com’era, come volevi tu. Non ho tolto niente. La pulisco io, non permetto a nessuno di mettere piede qui dentro. Sistemo e risistemo il tuo armadio, faccio prendere aria ai tuoi vestiti, apro e riapro i tuoi cassetti.”

 

Protagonista di “Quello che non sai” di Susy Galluzzo edito Fazi Editore, uscito giusto ieri, è Michela, Ella.

 

“Ho cercato di imitarti, sciommiottandoti, e in questo modo ho dato il meglio di me a mia figlia, facendole godere le tue briciole. Ma non sono neanche la più piccola parte di te, noi siamo sempre state troppo, troppo diverse.”

 

Michela è mamma di Ilaria, 13 anni. “E’ la mia vita. E anche la mia morte”, questo dice Michela di sua figlia. Con lei vive un rapporto di simbiosi, non accettato da Aurelio, il marito, per il quale la figlia è troppo dipendente dalla madre. Ad ogni discussione lei alza il telefono e chiama il padre per screditare la madre: una guerra senza vincitori né vinti. Ilaria ha qualcosa dentro che non riesce ad esprimere, c’è qualcosa che l’ha allontanata dalla sua mamma, un episodio che non riesce a spiegare e ad accettare.

 

Michela è una moglie che si prende cura della casa e della sua famiglia mentre il marito, cardiochirurgo di successo, si occupa dei suoi pazienti, allontanandosi (forse con un sospiro di sollievo) dalle responsabilità di padre.

Michela è una donna non capita, non stimata, non amata. Per il marito non è in grado di fare la madre; il loro è un rapporto di perenne disaccordo e di lotta.

Michela ha solo bisogno di amore, comprensione, di quegli abbracci silenziosi che valgono più di mille parole. Perché nel suo passato c’è stata tanta sofferenza, ha dovuto fare una scelta che le è costata cara, una scelta che ha inevitabilmente creato una crepa nel suo matrimonio.

 

Ma Michela è stata anche una figlia, ed in questo diario, scritto proprio alla sua mamma, si percepisce tutto l’amore che Michela provava nei suoi confronti. Un attaccamento profondo, viscerale, che, in assenza della fisicità della madre viene riversato sugli oggetti che ancora, dopo 15 anni, sono nella sua casa natale.

 

“C’era quella straordinaria sensazione di amore assoluto tra di noi, Mamma. Qualcosa di irripetibile o che almeno io non sono capace di ricreare con mia figlia.”

 

Michela vive con il suo senso di colpa che ad un certo punto, però, deciderà di lasciare andare.

Lo farà nel momento in cui capirà di avere bisogno, di volere un’altra possibilità, quella di diventare una nuova Michela, libera, consapevole, felice.

 

Un romanzo che mi ha lasciata con gli occhi lucidi ed un groppo alla gola impossibile da mandare giù.

Una storia forte, che mi ha ricordato che l’amore non può essere mai dimenticato, nemmeno dopo tanto dolore.


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