“Era una notte calma e serena,
rischiarata da una luna cinematografica: grande come quella davanti alla quale ET
ed Elliott volavano in bicicletta. Amir aveva finito il conteggio serale, di
nuovo con un piccolo brivido di freddo alle ossa. E non soltanto per via dei
pochi gradi, che quella notte di agosto avrebbero fatto stendere un sottile
velo di brina ghiacciata sulle foglie dei faggi.”
Sullo sfondo di
una Sicilia magica, Corrado Fortuna, ne “L’ultimo lupo” racconta la storia di
un passato che incombe su un presente costellato di amori, segreti e dolori.
A Piano
Battaglia, nelle Madonie, fulcro del racconto, si narra essere stato ucciso,
tanti anni prima, l’ultimo lupo. A farlo è stato Adelmo, nonno di Tancredi.
Quest’ultimo, protagonista del romanzo, per fuggire dalla sua vita attuale e
dal dolore di una paternità che sembra non arrivare mai, torna al paese natio,
per tentare di ritrovare sé stesso ed un briciolo di tranquillità. Ma non sarà
affatto così.
Durante una
passeggiata si imbatte nel corpo martoriato di Amir, pastore marocchino, che
riesce a pronunciare solo due parole: “il lupo”.
Ed è qui che
entreranno in scena gli altri protagonisti: Piero, gestore del rifugio, Angela,
sua figlia, muta da quando la madre, anni prima, ha lasciato il padre, Mimmo il
guardiacaccia, Gaetano e Abele, amici di vecchia data del nonno Adelmo e Gaia
Di Bello, ispettrice di polizia, ognuno con le sue ombre ed i suoi segreti.
Si tratta di un
romanzo forte, che parla di come si può affrontare il dolore, di come scappare
non sia la soluzione migliore, che snocciola interrogativi ai quali purtroppo
non è sempre facile trovare una risposta. Ho trovato molto interessante la
parte legata alla cultura del posto, ai suoi abitanti così chiusi in sé stessi,
così ancorati al passato.
Un romanzo che
ho letto velocemente ma che purtroppo non è riuscito a coinvolgermi totalmente.
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