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RECENSIONE "TU L'HAI DETTO" DI CONNIE PALMEN

lunedì 4 maggio 2020


"Per la maggior parte delle persone esistiamo solo in un libro, la mia sposa e io. Negli ultimi trentacinque anni ho dovuto assistere con impotente ribrezzo a come le nostre vite reali sono state sommerse da un’onda fangosa di racconti apocrifi, false testimonianze, pettegolezzi, invenzioni, leggende; a come le nostre reali, complesse personalità sono state sostituite da stereotipi, ridotte a immagini banali tagliate su misura per un pubblico di lettori affamati di sensazionalismo. E così lei era la fragile santa e io il brutale traditore. Ho taciuto. Fino ad ora.”

Questo è l’incipit del romanzo “Tu l’hai detto” di Connie Palmen, un libro intenso, potente e doloroso che narra la storia dell’amore fra Ted Hughes e Sylvia Plath, poetessa bella, spiritosa, colta, sensuale, talentuosa, cupa, geniale e pericolosa.

“Non desiderava altro che amare qualcuno, ma odiava farlo davvero. Non desiderava altro che essere amata, ma ha punito senza pietà chiunque abbia mai provato amore per lei.”

A soli otto anni Sylvia perde il padre a causa di una malattia non curata adeguatamente e da quel momento decide di chiudersi nel suo dolore.
L’incontro con Ted le permetterà di risvegliarsi dal letargo auto imposto e di dedicarsi alla scrittura ottenendo svariati riconoscimenti.
Come lei anche Ted è uno scrittore e per Sylvia diventerà un appoggio fondamentale, sul quale però riverserà ogni tipo di capriccio, desiderio, dolore e frustrazione fino a farlo fuggire con un'altra donna, rendendolo, agli occhi di tutti, un traditore, un colpevole.

“Mi riesce difficile ammetterlo – oggi – ma ero contento di stare solo per qualche ora al giorno, di non vederla soffrire come un flagellante sotto le frustrate del sacro dovere, una fustigazione per supplicare la clemenza di un Dio punitivo o di una musa recalcitrante, un’espiazione scellerata per un peccato che non aveva commesso.”

Sylvia era una donna fragile che fingeva di essere forte utilizzando la tecnica dell’allegria e dei sorrisi.
Leggendo queste pagine si entra nell’animo di una persona fortemente disturbata e tormentata, attraversata da costanti sbalzi d’umore, invidia nei confronti dei successi ottenuti dal marito, una gelosia viscerale nei suoi confronti e spesso orientata all’istinto suicida, non si capisce se per ricongiungersi con il padre, per sfuggire all’ansia ed alla diffidenza della madre o più semplicemente per “liberarsi” da responsabilità e preoccupazioni derivanti da figli e marito.  

Un amore il loro che, però, giungerà al termine in una maniera tragica ma prevedibile.

L’autrice ha scelto come narratore in prima persona Ted, rendendo ancora più coinvolgente la lettura e donandole un’intensità forte e palpabile.
È stata una lettura davvero forte, e forse il mio essere mamma ha letto queste pagine con un trasporto ancora maggiore.

“Tu l’hai detto” è uno dei libri che stazionava sullo scaffale della libreria da troppo tempo, e sono stata felice di averlo letto.
Al suo fianco ce n’era un altro “Diari” di Sylvia Plath che leggerò, magari non subito, perché ho bisogno di riprendermi da questo viaggio, ma che sicuramente mi aiuterà a capire ancora di più il contorto personaggio di Sylvia.


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