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RECENSIONE "IL SILENZIO E' LA MIA LINGUA MADRE" DI SULAIMAN ADDONIA

giovedì 4 agosto 2022


IL SILENZIO E’ LA MIA LINGUA MADRE

Sulaiman Addonia

288 pagine

Francesco Brioschi Editore

Data uscita: 03 marzo 2022

 

TRAMA

 

In tempo di guerra, che forma assume l'amore? Qual è la sua voce? Quale, poi, la lingua per esprimerlo? Saba e Hagos sono due giovani fratelli di Asmara che vivono in un campo profughi. Saba è fiera, pervicace, polimorfa. Ama i libri, studia con profitto, sogna di diventare medico. Hagos è accogliente, dolce, remissivo. Cura le faccende di casa, non sa leggere, scrivere, e neppure parlare: è la sorella minore che dà voce al ragazzo e lo protegge. Il loro legame si fonda su un patto antico, su verità nascoste, desideri inespressi, ed è così forte da fonderli e persino confonderli. Il campo è un micromondo popolato di varie umanità: ci sono Eyob, l'uomo d'affari, Nasnet, la prostituta, ci sono la cantante e il poeta. C'è Jamal, attento osservatore di Saba nella sua intimità, e la levatrice che, come un giudice impietoso, applica la tradizione anche nei suoi risvolti più crudeli. Al campo esistono il bene e il male, la rabbia, la violenza, la compassione, il perdono. È però il silenzio la cifra narrativa del romanzo, la chiave di lettura, lo strumento che permette a Saba e Hagos di capirsi e restare uniti. Con una prosa ricca ed evocativa, Addonia affronta temi quali la scoperta della sessualità e l'identità di genere, il desiderio di realizzarsi, il miraggio della pace.

 

IL PENSIERO DI FRANCI

 

La guerra è ciò che costringe Saba, il fratello Hagos e la madre ad abbandonare la loro casa alla ricerca di un posto migliore dove vivere, nello specifico un campo profughi che sarà scenario di svariate vicissitudini, a partire da un processo che vede Saba imputata ed accusata per aver dormito sotto alla stessa coperta insieme al fratello.

 

“Chi ha perso tutto fatica a mostrare quello che ha dentro”

 

Un campo profughi abitato dalle più svariate tipologie di persone unite da un unico comune denominatore: la silenziosità. Una collettività che si protegge chiudendo bocca e occhi e che sarà, per Saba e Hagos, il luogo teatro del loro ricongiungimento, di un nuovo inizio.

Un luogo dove si vive sempre sotto gli occhi degli altri, dove non esiste privacy, dove nessuno possiede nulla e dove tutto è in condivisione.

 

Hagos non sa leggere, scrivere, né parlare; è muto dalla nascita e questo lo rende “strano” agli occhi degli altri abitanti. Per lui però parla sempre, e forse a volte troppo, Saba. Lei ama studiare e vorrebbe proseguire gli studi interrotti, è determinata a raggiungere i suoi obiettivi e non è d’accordo sul fatto che la donna deve tacere e pensare solo ed esclusivamente alla famiglia.

 

“Non aveva ereditato quel talento, l’invisibilità che dovrebbe appartenere alle donne. Si faceva sentire e si faceva vedere.”

 

“Hagos non è muto. Ma il mondo non pronto ad ascoltarlo.”

 

La vita nel campo profughi li cambierà ed allo stesso tempo permetterà loro di continuare ad inseguire i propri sogni, non dimenticandosi, però, che restare uniti è la vera forza.


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